Ogni anno scoppia la bega tra la lega calcio e i padroni della televisione: vogliono farci fare gli abbonamenti a tutti i costi e penso proprio che con me non la spunteranno mai.
Io avevo "Tutto il calcio minuto per minuto". Lo ricordo fin dagli anni sessanta quando c'erano Nicolò Carosio, Enrico Ameri e Alfredo Provenzali. Non c'erano né anticipi né posticipi e con la radiolina si ascoltavano le partite dando calci al pallone.
La domenica era "tutto il calcio..."
Da anni non mi fregava più nulla delle trasmissioni in tivù, delle figone di turno che mostrando un po' di cosce (ma mai un po' di pelo) parlavano di calcio con intellettuali, attori e comici. Ne ho viste ben poche di quelle trasmissioni, anche se a ripensarci qualcuna di fondamentale c'era. Erano quelle trash sulle tivù "private" dove gli ospiti si mandavano a quel paese senza mezze misure e la figona di turno era una miss venuta fuori da qualche festa di paese, l'estate prima. Non parlava di calcio: faceva vedere le cosce e basta.
Si cominciava la domenica mattina leggendo gli articoli di Brera su Repubblica. Mi stava sul cazzo perché la Juve gli dava sui nervi e a quell'epoca la Juve vinceva di continuo, per cui Brera alla fine si rassegnava e prendeva delle sbronze galattiche con i suoi amici esperti. Però nessuno ha mai più scritto di calcio come lui. A parte Sandro Viola, forse.
Poi nel pomeriggio arrivava la mitica musichetta dalla radio ed erano i quarantacinque minuti più allucinanti della domenica (in principio c'era solo il secondo tempo: del primo non sapevi una mazza anche se il cronista in sessanta secondi, cercava di raccontartelo).
Bellissima se la tua squadra del cuore vinceva, tristissima se invece le prendeva. La domenica dipendeva tutta da quei quarantacinque minuti. Il lunedì anche.
Quando la Juve è finita in serie B ho dovuto modificare tutto il mio ciclo biologico.
Stranamente la domenica era diventata ancora più triste, anticipata di un giorno. E il sabato era diventato la domenica. Un po' come se ti mettessero il giorno legale indietro di ventiquattro ore.
Così sentivi di squadre più o meno mai sentite prima, di derby del sud raccontati da Tonino Raffa e Emanuele Dotto tristissimo da Genova.
Erano sabati tristemente stupendi.
La domenica non aveva più senso: leggevo solo i risultati finali per sapere se Milan e Inter avevano perso, dal momento che sono molto sportivo.
L'anno scorso poi le cose sono tornate a posto, anche se c'è voluto un po' a riabituarsi.
"Tutto il calcio..." non lo perdo quasi mai: mi ricorda l'adolescenza. Immaginare le azioni sul campo, raccontate da un cronista tristemente di parte, è splendido, soprattutto se la squadra per cui parteggia perde.
Perciò che si tengano pure nascosti i maestri e le figone della domenica pomeriggio e sera, ma facciano in modo che alla domenica, accendendo la radio alle tre, possa riascoltare quella musichetta familiare.