domenica 6 giugno 2010

Di Pietro, l'IdV e me

Come qualcuno di voi saprà, alle ultime elezioni provinciali sono stato candidato come indipendente nelle liste dell'IdV: ci ho messo la faccia e l'impegno per cercare di entrare come consigliere nel Palazzo della Provincia, con l'intento di mettere il bastone tra le ruote alla maggioranza e vigilare su eventuali inciuci tra maggioranza e opposizione. Purtroppo, pur avendo avuto un buon risultato, non sono stato eletto e tutto è finito lì: al partito cresciuta perché non ho mai interrotto i rapporti di amicizia nati in campagna elettorale.
Subito prima delle elezioni era scoppiato il caso della candidata Cinzia Damonte, ripreso anche da Repubblica.
Da più parti mi si chiedeva cosa ci facessi in quel partito, ma io che ne potevo sapere e, in fondo, cosa aveva a che fare con la mia candidatura a livello provinciale, oltretutto come indipendente?
Era stato Dario Dal Mut, persona seria e perbene, che oltre a essere consigliere comunale fa anche parte del Circolo Falcone e Borsellino di Imperia, a chiedermi di candidarmi e per me bastava, se capite cosa intendo dire.
Pur non stravedendo per Antonio Di Pietro, riconosco che lui e l'IdV, a livello nazionale, oggi come oggi, sono gli unici a fare un tipo di opposizione che più si avvicina a quella che intendo io, tenuto conto che la vera opposizione di sinistra, per motivi che non sto qui a spiegare, in Parlamento non è entrata.
Detto questo, mi dà enorme fastidio che, forse per cercare di stroncare quel poco di opposizione che ancora c'è, i quotidiani fedeli a Berlusconi, un giorno sì e l'altro anche, diano addosso a Di Pietro, con il chiaro intento di sputtanarlo per poter dire: "Il paladino della legalità è un fuorilegge".
I giorni scorsi è venuto fuori che anche lui possa aver avuto "favori" da Anemone, ma sul suo blog ha smontato l'accusa che gli veniva rivolta, punto per punto e con tanto di documenti allegati.
Non contento, ieri il Corriere della Sera è tornato all'attacco titolando: "I silenzi e le ambiguità dell’onorevole Di Pietro".
E a commento dell'articolo, rimando al fondo di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano di oggi, 6 giugno 2010.


Il pompiere incendiario - di Marco Travaglio
Ieri il Corriere ha improvvisamente abbandonato il suo secolare aplomb pompieresco per inaugurare un genere giornalistico inedito: quello delle domande aggressive ai politici. Anzi, per il momento, a un solo politico: Di Pietro. Il titolo di prima pagina – “Silenzi e ambiguità dell’on. Di Pietro” – parla da sé. E nessuno più di noi può salutare con giubilo la svolta. A patto, si capisce, che non duri un solo giorno e per un solo politico. Abbiamo come l’impressione che altri politici meriterebbero almeno un titolo sui loro “silenzi e ambiguità” e siamo certi che il Corriere non si lascerà sfuggire l’occasione. Per ora ci contentiamo di apprendere che Di Pietro “non risponde, non del tutto almeno, o parla d’altro, o tace” su una serie di “misteri” che il Corriere riassume in una carrellata fotografica: “Laurea a tempo di record”, “L’asse Lucibello-D’Adamo”, “Il dossier su Pazienza”, “La foto con
Contrada”, “Il caso Napoli e il figlio”. Domande legittime, se non fosse che Di Pietro ha già risposto (bene o male) a tutte e da anni. Ma il Corriere non se n’è accorto. 1) Laurea. Di Pietro ha prodotto tutti i documenti, comprese le testimonianze dei professori che lo esaminarono, ma B. due anni fa tornò a insinuare che l’avessero laureato i servizi segreti: Di Pietro l’ha querelato, ma la giunta della Camera l’ha dichiarato insindacabile. Perché il Corriere non lancia una campagna contro questo scandaloso abuso dell’immunità volto a impedire che un giudice stabilisca chi mente? 2) D’Adamo e Lucibello. Sul tema si è tenuto per tre anni un processo a Brescia dove Di Pietro ha sostenuto decine di ore di interrogatori e prodotto tonnellate di carte: perché il Corriere non se le va a leggere, prima di dire che non risponde? 3) Il dossier su Pazienza. Secondo il Corriere, i “silenzi” dipietreschi sul dossier che Di Pietro nel 1984 compilò su Pazienza, fan sospettare “legami coi servizi italiani e Usa”. Ma era proprio Pazienza ad avere legami coi servizi italiani e Usa: Di Pietro, in ferie alle Seychelles, apprese che il ricercato Pazienza soggiornava laggiù protetto da autorità italiane, fece qualche accertamento e al ritorno stilò una relazione al suo procuratore, che ne informò i pm competenti. Solo un malato di mente può chiedere a un pm di discolparsi per aver segnalato il rifugio di un ricercato e i nomi dei favoreggiatori: sarebbe stato scandaloso il contrario. 4) Contrada. Basta andare sul
blog di Di Pietro per trovare il suo racconto, confermato dai commensali di quella cena organizzata nel ’92 dai Carabinieri di Roma, dove s’imbucò pur Contrada PRIMA che fosse arrestato: con tutti quelli che (anche sul Corriere) han difeso Contrada DOPO l’arresto e la condanna per mafia, si chiede conto a Di Pietro per averlo incrociato PRIMA. 5) Il caso Napoli e il figlio. I rapporti col funzionario inquisito Mautone erano talmente affettuosi che il ministro Di Pietro l’aveva trasferito (come fece con Balducci). Il figlio Cristiano, per aver raccomandato un elettricista, si dimise dall’Idv. Anche su quel caso, come sugli altri, Google contiene vagonate di spiegazioni di Di Pietro. Il quale ha pure risposto sulle presunte case vaticane (mai trattate da lui) citate da Zampolini. E sugli altri immobili di sua proprietà. Il Corriere cita le accuse degli “ex ” Veltri e Di Domenico, ma non dice che per quelle accuse Veltri ha perso la causa in tribunale e Di Domenico ne ha perse 19. Del resto, l’estate scorsa, Pigi Battista montò un tormentone contro De Magistris che, eletto a giugno a Bruxelles, a luglio non s’era ancora dimesso da giudice; lo fece a settembre con una dura lettera a Napolitano, ma il Corriere non ha mai dato la notizia (son trascorsi solo 9 mesi, c’è tempo). Non proseguiamo per non distogliere il Pompiere dalla sua svolta incendiaria.
Attendiamo con ansia un dossier dal titolo “Silenzi e ambiguità dell’on. Berlusconi”, per esempio sulle origini dei soldi, sui rapporti con noti mafiosi e
così via. Ma siamo certi che il Corriere sta preparando un supplemento a dispense, rilegabile in comodi volumi, tipo Treccani.
Il Fatto Quotidiano - 6 giugno 2010

Update: Qui c'è la lettera di Antonio Di Pietro inviata al Corriere della Sera in risposta all'articolo di Marco Imarisio.

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