venerdì 4 giugno 2010

Attivismo reale e pacifismo immaginario


Luca Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes, chi era sulle navi della "Freedom Flotilla" assaltata dagli israeliani è stato definito "pacifista", "attivista", e anche "terrorista". Distinzioni lessicali e anche politiche. Ma si può dare una definizione precisa del pacifista modello?

Se uno decidesse di fare il vero pacifista, dovrebbe astrarsi dal mondo, salire su un albero e rimanerci, per evitare di avere a che fare con le realtà del mondo. Gli attivisti sono coloro che vedono la pace da un punto di vista, prendono posizione da una parte e si schierano, non rimangono "sopra" o al di fuori. E' difficile considerare pacifisti chi impugna spranghe, anche solo per difendersi. Li si può considerare appunto attivisti, sostenitori di una causa politica di parte. Mentre il Pacifismo dovrebbe dare una visione superiore, oltre gli schieramenti, per il raggiungimento di un bene, un valore, superiore e universale. In questo senso è un'utopia, difficilmente realizzabile e applicabile nel mondo.

Può sembrare dunque che la parola pacifismo venga usata sempre più spesso in un'accezione ampia, omnicomprensiva, che finisce per perdere il suo significato iniziale, perdendo così il suo valore filosofico e il suo peso morale.

Le parole possono spesso essere usate come ombrelli, che contengono e coprono quasi significati e atteggiamenti diversi, possono essere schermi dietro i quali operare. C'è poi spesso da parte di molti l'uso meccanico delle parole, che le banalizza e allo stesso tempo nobilita una causa che - per esempio - sotto il termine pacifista prende forza e significato.

Ma il pacifismo ha una tradizione anche storica che lo inquadra e lo spiega con nettezza.

Ma in questo caso il pacifismo non è un atteggiamento solo filosofico, ma prende soprattutto la forma di una posizione politica. Per difendere meglio la propria convinzione politica e ammantarla di significato si dichiara una causa come pacifica, ma poi magari si è pronti a sparare per difenderla al meglio.

Nel caso della "Freedom Flottilla" c'è anche la causa palestinese che rafforza le motivazioni e allarga la partecipazione. Oggi le associazioni pacifiste manifestano a Roma; quel che è successo lunedì può in qualche modo ridare forza al movimento che pare essersi disperso e allentato e riunificarlo sotto appunto la spinta pacifista?

I palestinesi sono storicamente una causa unificante ma anche molto trasversale, che attraversa lo spettro politico, dall'estrema sinistra all'estrema destra. Da questo punto di vista la spinta non è mai venuta meno e segue l'andamento della situazione internazionale.

Sulla missione di "Free Gaza" è stata piantata la bandiera turca; come ha influito questo sugli accadimenti?

La Turchia ha avuto l'intera regia della vicenda e ha contato sulla reazione automatica di Israele, vista la situazione dei rapporti tra i due paesi. In questo momento Ankara si erge a portabandiera mondiale anti-Israele.

Le conseguenze dell'attacco di lunedì saranno di lunga durata?

Assolutamente sì, a questo punto la Turchia è il peggior nemico di Israele. E a questo seguiranno altri atti e decisioni che non mancheranno molto ad arrivare.

Gli Usa paiono essere in difficoltà tra i due litiganti.

Gli americani hanno deciso di non prendere una decisione e propongono una scelta chiara: sono attendisti. Le premesse "rivoluzionarie" della politica di Obama sono già sulla difensiva, non riescono a imporre, ma inseguono i fatti; prima di tutto perché hanno cose più urgenti di cui occuparsi e poi perché hanno perso l'influenza e presa in primis sulla Turchia.

Insomma, come vanno considerati i partecipanti della missione "Free Gaza"?

Propendo per la definizione attivisti. Ripeto, il Pacifismo è una posizione filosofica, e non può essere politica, ma una mediazione fra i diversi schieramenti. Chi spaccia per posizione di principio una posizione di parte - certo più che legittima e magari anche giusta - compie un atto poco onesto intellettualmente.

Stefano Citati - Il Fatto Quotidiano - 4 giugno 2010

2 commenti:

Titus Bresthell ha detto...

"Se uno decidesse di fare il vero pacifista, dovrebbe astrarsi dal mondo, salire su un albero e rimanerci, per evitare di avere a che fare con le realtà del mondo."

no, dai. almeno contro le guerre un pacifista potrà protestare! e protestare non vuole dire non essere pacifici: si è pro-pace (e contro la guerra) non pro-inerzia (nè contro l'attivismo).
il pacifismo è una posizione politica, non filosofica. proprio perché è nato in contrapposizione alle POLITICHE di guerra.

my opinion, of course...

KRISTIANOPEDIA ha detto...

Questo 2010 è un anno nero per il pacifismo;prima il caso Emergency quando il 10 aprile scorso tre operatori dell’organizzazione umanitaria (Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani) furono arrestati a Lashkar Gah, nella provincia afghana di Helmand, con l'accusa - poi rivelatasi infondata - di aver complottato per uccidere il governatore della provincia. Nel corso delle operazioni della polizia afghana, coadiuvata da truppe occidentali impelagate nella locale guerra, furono trovate all'interno dell'ospedale gestito da Emergency cinture esplosive, granate e pistole. L'arresto dei tre suscitò particolare clamore. Secondo Gino Strada l'operazione era un tentativo di screditare quello che ha definito un "testimone scomodo", riferendosi alla sua organizzazione.Dopo i tre cooperanti di Emergency furono per fortuna liberati, in quanto non colpevoli.Tutta questa faccenda ha portato però alla sospensione delle attività dell'ospedale di Lashkar Gah,con grande danno alla popolazione civile.Poi pochi giorni fa il caso Gaza quando le forze armate israeliane hanno attaccato un convoglio di aiuti umanitari diretto a Gaza. Almeno 16 civili, quasi tutti turchi, sono stati uccisi nel raid compiuto e che racconto qui.La mia idea è che il pacifismo militante,quello delle semplici persone,non delle spedizioni militarguerresche che di pace non hanno nulla, dà sempre fastidio a chi vuole quella guerra,a chi detiene il “potere” e questo pacifismo certe volte,involontariamente,si confonde con le idee del”nemico” proprio come successe al grande filosofo Bertrand Russell che allo scoppio della Prima guerra mondiale,per le sue idee pacifiste (nel 1916 aveva pubblicato i Principi di riforma sociale) gli costarono l'allontanamento dall'insegnamento e la rottura col Trinity College e nel 1918, per via di un articolo contro la coscrizione obbligatoria, scontò sei mesi di carcere:il suo pacifismo fu accusato di essere filotedesco,il nemico di allora.Il vero pacifismo è contro tutte le guerre e non ci sono guerrafondai buoni o cattivi:chi fa la guerra ,qualunque tipo di guerra,sta sempre dalla parte del torto,in ogni caso w la pace sempre.